Donne e magia nell’antica Roma: tra sacro, paura e ribellione
29 Aprile 2025Nell’antica Roma, la magia era una presenza ambigua e potente, sospesa tra religione, superstizione e legge. Alcuni riti magici — come gli auspici e le pratiche degli aruspici — erano pienamente accettati dallo Stato, considerati strumenti sacri di comunicazione con gli dei. Ma altri, come gli incantesimi amorosi, le maledizioni e le evocazioni dei morti, erano guardati con sospetto e temuti come minacce all’ordine pubblico.
Al centro di questo universo complesso c’erano spesso le donne. Venerate come sacerdotesse, come le Vestali o le Sibille, oppure sospettate e perseguitate come streghe. Nella letteratura dell’epoca, figure come Canidia, Erichto o Medea incarnavano il lato oscuro del potere femminile: streghe capaci di sovvertire le leggi naturali e sociali con la loro sapienza occulta. Il diritto romano intervenne più volte per regolare questi fenomeni. Già con le Leggi delle XII Tavole e poi con la Lex Cornelia de sicariis et veneficis, si punivano duramente pratiche magiche considerate pericolose, come l’avvelenamento, la manipolazione mentale e gli atti occulti contro la volontà divina o umana.
Non di rado, l’accusa di magia era usata anche come strumento politico per screditare figure femminili scomode: donne come Giulia, Agrippina o Messalina furono sospettate di usare incantesimi per mantenere il potere o sedurre gli uomini influenti. Nonostante le leggi e la paura, la magia continuava a vivere nella quotidianità. Le donne comuni custodivano antichi saperi: preparavano filtri e amuleti, interpretavano sogni, officiavano riti domestici. Oggetti magici come la bulla (medaglione protettivo per i bambini), il fascinum (simbolo fallico contro il malocchio) e gli anelli incisi con formule erano diffusi in ogni angolo dell’impero
Particolarmente diffusa era la magia d’amore: attraverso formule, pozioni e defixiones amorose incise su piombo, si cercava di legare o riconquistare l’amato.
Pratiche tollerate finché restavano nell’ombra, ma duramente punite se minacciavano la stabilità sociale. La figura della strega romana, più che un individuo reale, era lo specchio delle paure collettive: paura del potere femminile che sfuggiva al controllo, paura della seduzione capace di incantare e dominare, paura della sapienza segreta che poteva guarire o distruggere. Ancora oggi, il fascino di quelle antiche pratiche e di quelle donne sospese tra sacro e proibito ci parla di un passato in cui la magia era, prima di tutto, una forma di potere.
(Fonte foto: Rete Internet)
