Viaggio nel tempo: sua maestà il treno

4 Dicembre 2022 Off Di Rita Terracciano

Da meravigliosa opera diabolica a simbolo del progresso, da illusione di libertà a metafora della vita. Stiamo parlando del treno, mezzo di trasporto che ha cambiato abitudini e mentalità collettive.

La Chiesa individua in esso il simbolo minaccioso della modernità: papa Gregorio XVI, infatti,  definisce la ferrovia, nata il 3 ottobre 1939 durante il Regno delle Due Sicilie con l’apertura di un breve tratto della Napoli-Portici (foto), un’«opera diabolica». 

I poeti e gli scrittori italiani ottocenteschi si dividono fra entusiasti e critici: per Carducci la locomotiva “satanica” scuoterà le menti offuscate dall’ignoranza (“Inno a Satana”), ma al tempo stesso il treno rappresenta, come in “Alla stazione in una mattina d’autunno”, un “empio mostro” dalla “metallica anima”, simbolo della cupezza del mondo contemporaneo. Gli Scapigliati accolgono con un misto di euforia e nostalgia l’irruzione della “vaporiera”, mentre  Giovanni Pascoli in “La via ferrata” (1886), è in bilico fra accettazione del nuovo e sottile inquietudine: “Tra gli argini su cui mucche tranquilla- / mente pascono, bruna si difila / la via ferrata che lontano brilla”. 

Nel Novecento, invece, Filippo Tommaso Marinetti, esalta nel Manifesto del Futurismo “le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotale, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi”; i pittori Carrà, Russalo e Boccioni fissano sulla tela la velocità delle carrozze che squarciano la notte riflettendo le sensazioni vissute nelle stazioni cittadine. Il treno, inoltre, permette all’individuo di fuggire dall’alienazione della vita quotidiana: così accade al ragionier Belluca, protagonista della novella “Il treno ha fischiato” di Luigi Pirandello, dove,  grazie proprio al fischio di un treno, la sua mente viene proiettata in mondi “altri”, liberi da ansie e preoccupazioni, facendo scattare in lui la molla della folle ribellione alla realtà.

Nel 1965, nella poesia “Congedo del viaggiatore cerimonioso”, Giorgio Caproni vede nel viaggio in treno una metafora della vita, un viaggio di cui non ci resta che aspettare l’ultima fermata. Superate tante stazioni, il treno ci avvicina al varco misterioso che conduce “di là”, quando è il momento di dire addio: “Ora che più forte sento / stridere il freno, vi lascio / davvero, amici. Addio. […] Scendo. Buon proseguimento”.

Una lontana storia vera, una protesta attuata per mezzo di un treno, ha ispirato poi una delle canzoni più note della storia della musica italiana contemporanea: “La locomotiva” di Francesco Guccini. La canzone narra del fuochista anarchico Pietro Rigosi, che un giorno decise di prendere il comando di una locomotiva, appunto, per mandarla a schiantare contro una vettura alla stazione di Bologna “lanciata a bomba contro l’ingiustizia”.

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