I diritti delle donne tra antico e moderno
7 Marzo 2024In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne che si celebra l’8 marzo di ogni anno, gli studenti della classe prima del Liceo Scientifico si sono cimentati nel complesso, ma necessario, esercizio di confronto con i classici a proposito del ruolo delle donne nel mondo greco e romano e dell’acquisizione dei loro diritti.
Un importante punto di partenza risiede nella presa di coscienza che tanto i Greci quanto i Romani hanno mostrato notevoli forme di discriminazione nei confronti del sesso femminile a causa di onerosi pregiudizi sulla presunta inferiorità e pericolosità delle donne: non mancano nella letteratura le esternazioni di questo pensiero profondamente radicato nella cultura classica; basti pensare a ciò che il tragediografo Euripide, nel V secolo a.C., fa dire al suo personaggio Ippolito:
«O Zeus, perché dunque hai messo tra gli uomini un ambiguo malanno, portando le donne alla luce del Sole?»
Dopo una riflessione su questa espressione che oggi suona molto forte, gli studenti si sono dedicati ad analizzare la condizione delle donne, ad Atene e a Roma, dal punto di vista giuridico e sociale.
Nella democratica Atene la cittadinanza a numero chiuso escludeva i bambini, gli stranieri e le donne, di conseguenza, queste ultime, pur essendo libere, erano considerate al pari di straniere; pertanto, non godevano di alcuna capacità giuridica, dal momento che, per esempio, non potevano agire in tribunale. Era necessaria, inoltre, la tutela del parente maschio più prossimo (padre, marito, fratello) ed erano preclusi sia il diritto di proprietà sia la possibilità di fare testamento. Nonostante tali limitazioni, la storia dimostra che una maggiore considerazione era attribuita alle donne in ambito religioso: esse, infatti, potevano ricoprire importanti cariche sacerdotali.
A Roma, invece, la condizione femminile sembra essere migliore: le donne, infatti, avevano una moderata capacità giuridica che si concretizzava nei diritti di ereditare, possedere beni e fare testamento. Ciononostante, anche in questo caso, la donna era sottoposta alla tutela maschile. A tal proposito, il giurista Gaio (II sec. d.C.), nel Digesto, scrive: «in molti articoli della nostra legislazione la condizione femminile è inferiore a quella maschile». Un passo avanti nella storia dell’emancipazione femminile si ebbe con l’imperatore Augusto, che, con lo ius trium liberorum (“diritto dei tre figli”), liberò le donne che avessero avuto tre figli dalla rigida tutela maschile.
A seguito del confronto tra le due realtà antiche, gli studenti hanno riflettuto sulle tappe storiche che hanno portato alla conquista degli attuali diritti delle donne, sanciti in vari articoli della Costituzione italiana.
L’art. 3, per esempio, stabilisce l’uguaglianza tra i sessi: «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Dunque, gli uomini e le donne sono parificati nell’esercizio dei diritti politici attivi e passivi, come emerge dagli articoli 48 e 51, che recitano rispettivamente che:
«Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età»;
«Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».
Consapevoli che la strada per la reale parità di genere sia ancora in salita, gli studenti hanno potuto toccare con mano il lungo percorso nella lotta contro le disuguaglianze a partire dalle donne greche e romane fino a quelle del secolo scorso e di oggi.