Tra le macerie e la miseria: il racconto di Anna Maria Ortese sulla Napoli postbellica
8 Marzo 2024Se a Matilde Serao spetta il merito di essere stata tra i primi intellettuali italiani a immergersi negli splendori e nelle miserie napoletane, un’altra donna, in pieno Novecento, ha offerto una testimonianza sofferta, amara ma dolorosamente partecipe della città partenopea.
Si tratta di Anna Maria Ortese (1914-1998, foto), che a Napoli ha dedicato molti dei suoi scritti più significativi: l’autrice ha delineato, nell’immediato secondo dopoguerra, una realtà priva di felicità e lontana dai consueti stereotipi solari e sentimentali. Nella sua Napoli plebea si trova infatti una turba di uomini e donne senza speranze, condannati a una miseria senza fine, viventi in una babele infernale di vicoli e seminterrati claustrofobici. Non a caso, il suo libro più celebre si intitola Il mare non bagna Napoli (1953): la città appare distrutta, ferita, allucinata dove si prova un senso di impossibilità ad accettare il reale e l’immenso male che lo pervade.
L’opera è un insieme di racconti crudelmente veri, storie di sofferenza, di miseria morale e di disillusa descrizione della realtà. Tra questi ricordiamo Un paio di occhiali che mostra uno spaccato della Napoli ancora sotto le macerie, dove Eugenia, dieci anni, vive insieme alla famiglia in un quartiere povero e degradato. La protagonista ha un difetto alla vista e questo la porta a vedere la realtà in modo diverso rispetto agli altri finché un giorno non arrivano “gli occhiali nuovi” che la costringono a prendere coscienza di com’è veramente il mondo che la circonda, un mondo fatto di povertà e miseria morale.
Oro a Forcella e La città involontaria descrivono la povertà di Napoli nell’immediato dopoguerra; il primo ambientato sul Monte dei Pegni del Banco in via San Biagio dei Librai; il secondo è invece una discesa agli inferi fra i senzatetto nel III e IV Granili, casermoni dalla mole surreale dove a stento penetra la luce del sole.
L’ultimo racconto, Il silenzio della ragione è un reportage sugli intellettuali partenopei variamente legati alla rivista Sud. Il racconto all’epoca scatenò grandi polemiche e dibattiti e contribuì a rendere celebre il libro (edito da Einaudi nel 1953 nella prestigiosa collana dei Gettoni, vinse anche il premio Viareggio).
In un clima culturale come quello del dopoguerra, era difficile per Ortese trovare spazio. La sua opera è stata riscoperta dalla critica e portata alla conoscenza di un vasto pubblico di lettori solamente negli anni ’80 e Il mare non bagna Napoli è ormai diventato uno dei libri più rappresentativi del Novecento letterario italiano.
(Fonte foto: Rete Internet)