L’ISTAT segnala la difficoltà dei giovani: 1,7 milioni di Neet

9 Luglio 2023 Off Di Valerio Auricchio

L’edizione 2023 del Rapporto è stato presentato Venerdì 7 luglio a Palazzo Montecitorio dal Presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli con lo scopo di fornire una base informativa e di analisi ampia e rigorosa non solo per misurarsi con la complessità del presente, dovuta al susseguirsi di crisi a livello internazionale e nazionale, ma anche per progettare una nuova fase di sviluppo sostenibile e inclusivo.

Tra gli elementi innovativi di questa edizione del Rapporto sono i focus di approfondimento tesi ad evidenziare aspetti di rilievo legati all’ampliamento dei divari territoriali e ai confronti inter-generazionali e di genere.

Sul fronte demografico, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti: il consistente calo delle nascite registrato nel 2022 rispetto al 2019, circa 27 mila nascite in meno, è dovuto per l’80 per cento alla diminuzione delle donne tra 15 e 49 anni di età e per il restante 20 per cento al calo della fecondità. L’invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite.

Il Rapporto dedica un approfondimento al fenomeno dei Neet (Not in Education, Employment or Training) Indicatore atto a individuare la quota di popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione. L’indagine statistica evidenzia la criticità che in misura maggiore riguarda le ragazze (20,5%) e, soprattutto, i residenti nelle regioni del Mezzogiorno (27,9%) e gli stranieri (28,8%). In Sicilia i sono quasi un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni, mentre la quota raggiunge il valore minimo, 9,9%, nella Provincia autonoma di Bolzano. L’incidenza dei Neet diminuisce al crescere del titolo di studio: è di circa il 20% tra i giovani diplomati o con al più la licenza media, mentre si ferma al 14% tra i laureati.

È un fenomeno che si associa a un tasso di disoccupazione giovanile elevato (il 18%, quasi 7 punti superiore a quello medio europeo), con una quota di giovani in cerca di lavoro da almeno 12 mesi tripla (8,8%) rispetto alla media europea (2,8%). Circa un terzo dei Neet (559 mila) è disoccupato, nella metà dei casi da almeno 12 mesi (il 62,% nel Mezzogiorno, contro il 39,5% nel Nord). Mentre quasi il 38 % dei Neet (629 mila) non cerca lavoro né è disponibile a lavorare immediatamente. Quest’ultimo gruppo si divide tra chi è in attesa di intraprendere un percorso formativo (il 47,5% tra i ragazzi), chi dichiara motivi di cura dei figli o di altri familiari non autosufficienti (il 46,2% tra le ragazze) e chi indica problemi di salute; solo il 3,3% dichiara di non avere interesse o bisogno di lavorare. Oltre tre quarti dei Neet vivono da figli ancora nella famiglia di origine e solo un terzo ha avuto precedenti esperienze lavorative, un valore che varia tra il 6,8% per chi ha meno di 20 anni, il 46,7% per chi ha 25-29 anni.

L’Italia spende per le prestazioni sociali erogate alle famiglie e ai minori una quota rispetto al Pil molto esigua pari all’1,2 per cento a fronte del 2,5 per cento della Francia e del 3,7 per cento della Germania.

La copertura dei posti disponibili nelle strutture educative per la prima infanzia (0-2 anni) rispetto ai bambini residenti è pari al 28 per cento, ancora inferiore al target europeo del 33 per cento da raggiungere entro il 2010 e molto lontana dal nuovo target del 50 per cento entro il 2030.

Quasi il 5 per cento dei bambini sotto i tre anni frequentano la scuola di infanzia come anticipatari: nonostante queste strutture non prevedano adattamenti del servizio alle esigenze specifiche dei bambini di 2 anni, sono più accessibili per maggiore diffusione sul territorio e costi molto più contenuti rispetto agli asili nido.