“Bene mio e core mio”: Eduardo De Filippo e l’ironia crudele dei legami familiari

7 Ottobre 2024 Off Di Rita Terracciano

“Bene mio e core mio”, messa in scena da Eduardo De Filippo nel 1955-1956, affronta con sottile ironia le tensioni nascoste all’interno dei legami familiari.
Il titolo, tratto da un’espressione napoletana, racchiude l’essenza dell’opera: dietro l’apparente affetto familiare si celano spesso interessi personali e inganni.

Eduardo, maestro nel bilanciare commedia e dramma, esplora questi meccanismi con una lucidità che rende la commedia attuale ed universale. L’azione scenica ruota attorno ai fratelli Savastano, Lorenzo (Eduardo) e Chiarina (interpretata da Anna Miserocchi, ndr), che vivono insieme nella casa dei genitori defunti.

Lorenzo, restauratore, vuole ristrutturare la casa, ma Chiarina, profondamente legata al passato, si oppone. Questo conflitto spinge Lorenzo a partire per lavoro. Al suo ritorno, scopre che Chiarina è incinta e intende sposare Filuccio (interpretato da Carlo Giuffrè, ndr), un giovane fruttivendolo, chiedendo in regalo quattro stanze e un magazzino. Lorenzo capisce presto che le richieste sono motivate dall’avidità di Filuccio, che manipola Chiarina per i propri fini.

Con un colpo di scena, Lorenzo riesce a riprendere il controllo delle sue proprietà. Eduardo ritrae la famiglia come un microcosmo in cui si riflettono i difetti della società dove i legami di sangue, che dovrebbero essere sinonimo di solidarietà, si rivelano fragili, minati dall’avidità e dalla manipolazione.

Ripresa nel 1983 con alcune modifiche che accentuano l’opportunismo di Filuccio, “Bene mio e core mio”, pur velata da un’ironia amara, ci ricorda che dietro le relazioni affettive si celano spesso tensioni e conflitti universali, rendendo questa piccola storia di famiglia una potente metafora della condizione umana.

(Fonte foto: Rete Internet)