Addio a Papa Francesco: una guida gentile che ha saputo parlare ai giovani
21 Aprile 2025Papa Francesco è morto questa mattina alle ore 7:35 presso la Casa Santa Marta, in Vaticano. Aveva 88 anni. Il suo nome, Jorge Mario Bergoglio, resterà scolpito nella memoria collettiva non solo come quello del primo pontefice venuto dal continente americano, ma soprattutto come quello di un Papa capace di accorciare le distanze, di parlare al cuore delle persone, soprattutto dei giovani.
Eletto nel 2013, in un momento delicato per la Chiesa cattolica, Papa Francesco ha incarnato da subito un’idea diversa di autorità: più vicina, più umana, più attenta alle ferite del presente. Ha scelto parole semplici, ha evitato toni solenni e formule astratte, e ha fatto della prossimità alle persone – in particolare ai più fragili – la cifra del suo pontificato.
Ai giovani ha parlato con coraggio, semplicità e affetto, invitandoli più volte a “non farsi rubare la speranza”, a essere costruttori di un futuro più giusto, a non rassegnarsi davanti all’ingiustizia, all’indifferenza, alla solitudine. Le sue parole sono entrate nelle aule scolastiche, nei discorsi degli insegnanti, nelle riflessioni degli studenti.
Durante gli incontri con le scuole, nei messaggi per la Giornata Mondiale della Gioventù, ma anche nelle sue omelie più semplici, Francesco ha sempre dato voce al desiderio di cambiamento che anima le nuove generazioni. Ha spronato i ragazzi a “fare rumore”, a mettersi in gioco, a usare la creatività e il pensiero critico. Non li ha mai considerati “futuro”, ma presente attivo e necessario.
Ha parlato di ambiente e di giustizia sociale, di pace e di inclusione, di accoglienza e di dialogo. Temi che toccano da vicino chi ogni giorno vive la scuola come spazio di crescita, confronto e costruzione del sé. Ha invitato il mondo adulto ad ascoltare di più e meglio, e il mondo educativo a non smettere mai di seminare fiducia.
In un tempo in cui molti leader parlano “sopra” o “contro” i giovani, Papa Francesco ha scelto di parlare con loro. Li ha presi sul serio, affidando loro sogni e responsabilità. Ha riconosciuto in ciascuno la forza per cambiare il mondo e ha chiesto agli adulti di non spegnere questo slancio.
Ora che ci ha lasciati, il suo messaggio resta: un’eredità non solo spirituale, ma profondamente umana, civile, educativa.
Un pontefice che non ha diviso, ma unito. Che non ha imposto, ma proposto. Che non ha alzato muri, ma abbassato le barriere.
Il suo pontificato ci lascia una traccia profonda anche nel mondo della scuola. Una traccia fatta di parole semplici, ma forti. Di sguardi sinceri. Di inviti all’impegno.
Di fiducia nei ragazzi, che per lui sono sempre stati – davvero – al centro.
(Fonte foto: Rete Internet)