LA SINDROME DEL BOURNOUT E LA FIGURA DEL DOCENTE

29 Luglio 2021 0 Di Redazione

Sembra che non vi sia più pace per i docenti. Dopo le mancate immissioni in ruolo, i tagli al personale, le battaglie dei precari e gli stipendi da ultimi della classe ecco arrivare la sindrome dello scoppiato (bournout dall’inglese). A fornirci un quadro così allarmante è un recente articolo pubblicato dal settimanale L’espresso. Da un’indagine, supportata dai dati dell’Inpadap, è emerso che i docenti della scuola italiana risultano essere stressati, frustati, in preda a crisi d’ansia e vittime degli psicofarmaci. Il fenomeno sembra essere altamente diffuso: il 54% della categoria ritiene di aver vissuto almeno in parte i sintomi associati alla sindrome; il 16% ricorre sistematicamente ad ansiolitici, antidepressivi o ipnotici.

Ma come si palesa tale stato ansioso? Secondo gli esperti il problema è sottovalutato, spesso addirittura misconosciuto. Né le istituzioni, né i dirigenti scolastici, né i medici di base conoscono le dimensioni della problematica. Da uno stadio iniziale di semplice disagio si passa velocemente ad un vero e proprio disturbo psicosomatico che inficia l’attività didattica sino a renderla impossibile.

Interessanti sono i dati relativi ad un’indagine sulla natura della professione docente. I nostri colleghi mettono il dito sullo scarso riconoscimento sociale attribuito nella nostra società ai professori. La perdita di prestigio sociale, quindi, è alla base di forme di stress. In fondo un po’ tutti siamo stanchi di sentirci dire che lavoriamo poco, che godiamo di ferie lunghissime, che facciamo un lavoro semplice e poco impegnativo. Questo fatto ci fa arrabbiare e ci stressa. Una volta il docente era un punto di riferimento, un cardine della collettività. Oggi in una società dove il prestigio sociale si accompagna al guadagno, in altre parole è più riconoscibile chi più ha, il docente ha perso il suo valore. Stipendi da fame, carichi di responsabilità verso le famiglie e le istituzioni, tenore di vita basso (spesso la scuola è per un laureato un ripiego) logorano la psiche e generano malcontento.

 Noi che nella scuola lavoriamo e spendiamo i nostri giorni sappiamo che tutto ciò non è vero: la scuola moderna richiede un impegno costante ed una dedizione totale, “tenere” una classe ed averne le responsabilità pretende attenzione e abnegazione. E poi noi crediamo nel valore ineludibile della cultura (capito ministro Moratti!!)  e della formazione dei nostri alunni. Il ruolo della scuola e dei suoi insegnanti dovrebbe essere la spina dorsale di ogni società che si ritiene democratica, invece spesso siamo la ruota di scorta del sistema, bistrattati e dimenticati.

Per sfuggire all’insidiosa spirale dell’insoddisfazione forse bisogna ripartire da se stessi motivandosi quotidianamente. La “missione” dell’insegnamento è il nostro obbiettivo precipuo ed insostituibile.

Michele Andona