Adolescenza tempestosa = cervello in crescita

20 Agosto 2021 Off Di Valerio Auricchio

Con la sentenza n. 9556 del 22 aprile 2009 la S.C. della Cassazione ha chiarito che i genitori sono responsabili dei fatti illeciti commessi dal minore con essi convivente. Sicché, l’assenza di colpa in educando non giova ai genitori convenuti con l’azione di risarcimento, se vi è stata colpa in vigilando, e viceversa. La sentenza sottolinea che non è sufficiente dimostrare di aver fornito una generica informazione, ma è necessario dimostrare in modo rigoroso di avere impartito insegnamenti adeguati e sufficienti per educare il minore ad una corretta vita di relazione. Pertanto, quando la gravità del fatto illecito commesso dal minore è tale da rendere evidente di per sé la sua incapacità di percepire il disvalore della propria azione, correttamente il giudice di merito rigetta la prova per testi chiesta dai genitori e vòlta a dimostrare l’adempimento in modo generico del dovere genitoriale di educazione. Applicando questi principi, la corte di legittimità ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato le prove testimoniali, aventi ad oggetto una vaga dimostrazione dell’educazione impartita ad un minore che aveva causato un sinistro stradale a bordo di un ciclomotore, condotto senza casco e trasportando un passeggero, anch’esso privo di casco.

Peccato che il teenager in questione non avrebbe comunque ascoltato i saggi consigli dei propri genitori . Infatti, ultime ricerche hanno dimostrato che la capacità di adottare il punto di vista degli altri deve ancora perfezionarsi.

I nostri adolescenti appaiono taciturni ed abulici un minuto, frenetici e logorroici quello dopo. La colpa sarebbe tutta del cervello che “cresce”. Gli sbalzi di umore dei teenagers, capaci di passare in pochi secondi dalla gioia più sfrenata alla più nera angoscia, sono un fenomeno ben noto, che i diretti interessati subiscono e genitori ed insegnanti tentano di accettare. In loro aiuto (dei ragazzi come degli adulti) interviene ora una ricerca americana, firmata da Robert McGivern, un neuroscienziato dell’università di San Diego che si occupa da tempo dei problemi adolescenziali.

Secondo lo scienziato, la causa degli squilibri umorali dei teenagers sarebbe nel cervello, che negli anni della pubertà conosce un periodo di attività neuronale intensissima. A partire dagli 11 anni, infatti, il numero delle sinapsi, le connessioni tra un neurone e l’altro, comincia improvvisamente ad aumentare, in particolare nella parte frontale della corteccia cerebrale: un’area che gioca un ruolo importantissimo per le funzioni superiori, inclusa la capacità di gestire e comprendere i rapporti sociali e la propria posizione all’interno di essi.
Travolti da questa inusitata attività di “rimodellamento” del cervello, spiega McGovern, i ragazzi si troverebbero in difficoltà proprio nella fase della vita in cui il numero e la varietà delle situazioni sociali a cui vengono esposti è in aumento. Situazioni che, a quanto pare, gestiscono male perché impiegano molto più tempo del normale a capire cosa passa nella testa degli altri.

Il cervello dei teenagers, sostiene Giedd  del reparto di Neuropsichiatria Infantile al National Institute of Mental Health , sta crescendo, non in termini di dimensioni, ma di connessioni tra neuroni, le cellule cerebrali.

Già a sei anni, il cervello umano è grande quasi come quello di un adulto, ma deve ancora andare incontro a un  importante processo di selezione, una sorta di potatura che sfronda le connessioni superflue. Ecco cosa accade: tra i sei e i 16 anni i neuroni crescono più fitti, ciascuno intessendo decine di legami con altre cellule e creando nuove vie per gli impulsi nervosi.

La densità di questa materia grigia raggiunge il culmine quando le ragazze hanno 11 anni e i ragazzi 12 e mezzo. A questo punto comincia un processo di eliminazione delle connessioni ridondanti che terminerà dopo i vent’anni.

Le trasformazioni del cervello cominciano dalla parte posteriore, cioè dalle aree che controllano vista, udito, tatto e orientamento nello spazio. L’ultima parte a subire il processo di sfrondamento è la corteccia prefrontale, sede, neanche a dirlo, delle funzioni di pianificazione, dell’individuazione delle priorità, di organizzazione del pensiero, della soppressione degli impulsi e della valutazione delle conseguenze delle proprie azioni. In poche parole: l’ultima parte a svilupparsi è quella che mette in grado di decidere senza mettersi nei guai. Non solo: la regione della corteccia frontale che governa la motivazione a cercare ricompense è ancora immatura. Cosa significa? Che è decisamente improbabile convincere un adolescente perché deve finire un compito fondamentale per la sua carriera scolastica.

Meglio puntare sugli effetti immediati delle sue azioni che non sul futuro. Più efficace dire: “se fumi, verrai espulso dalla squadra di basket”, piuttosto che: “se bevi, diventerai una nullità”.

Commenta Alfio Maggiolini, psicologo dell’Istituto di analisi dei codici affettivi Il Minotauro di Milano e docente di psicologia dell’adolescenza all’Università Bicocca: «Le nuove frontiere delle neuroscienze rivelano che l’adolescenza non coincide con la pubertà, non è un’invenzione culturale delle società complesse, ma una fase biologica».

Quindi, eterni adolescenti, bamboccioni e quant’altro, non si diventa per colpa di esigenze ambientali o socio-culturali.

Ma perché il cervello ha bisogno di molto più tempo di quanto pensassimo per formarsi.

A far disperare i genitori, dunque, non è solo la ben nota tempesta ormonale della pubertà, ma anche l’immaturità di un cervello lontano dall’essere del tutto sviluppato. Proprio quando è nel pieno dei lavori, il corpo subisce l’assalto ormonale della pubertà e a livello cerebrale si crea un ingorgo biochimico. Gli ormoni sessuali hanno un’influenza diretta sui neurotrasmettitori, i messaggeri dei neuroni, che regolano umore ed eccitabilità.

Consiglia Maggiolini:

«Lasciateli assaggiare nuove opportunità, non giudicateli incoerenti perché non sanno ancora cosa fare della loro vita o perché vogliono cambiare sport ogni momento. Stanno sperimentando». Ma la fase esplorativa deve avere paletti, altrimenti il rischio è che si perdano. A scuola come a casa, sono fondamentali il confronto tra pareri diversi, lo stimolo alla riflessione guidata, la proposta di punti di vista più complessi del loro.

Molto brevemente, possiamo sintetizzare alcune linee di questo possibile dibattito:

1. una discussione sui tempi e modi in cui si organizzano lo studio e la verifica degli apprendimenti con maggior tempo a disposizione per la maturazione degli adolescenti e una minore pressione sociale;

2. una maggiore disponibilita di offerte formative, piu diversificate; diverse varietà di stages, di esperienze  lavorative flessibili, opportunità di viaggi e vacanze di studio. Pause esperienziali tra le Scuole Superiori di 1^ e 2^ grado e l’Università;

3. una maggiore partecipazione delle famiglie (non dimentichiamo la profonda e rapida trasformazione delle stesse avvenuta negli ultimi anni) alle attività del tempo libero organizzate in modo più comunitario;

4. da parte dei servizi educativi, sanitari e sociali, il porsi come spazio di consulenza e di ascolto delle inevitabili difficoltà di adattamento e sostenute dai consistenti rimodellamenti neurologici condividendo la consapevolezza di maggiori spazi di manovra per riflettere sui propri errori ed elaborare risposte personali;

5. un aiuto alle famiglie affinché siano consapevoli della necessita di essere presenti come “regolatori” capaci di fornire un quadro organizzato che lasci però la possibilità di più  scelte.

Concludo con l’iniziativa della Regione Veneto che, con l’opuscolo “ Gli adolescenti : come prendono le decisioni”  rivolgendosi a quest’ultimi raccomanda:

ASPETTA UN ATTIMO!

Quando si pren­de una decisione, qualcosa semplice come fermarsi a riflettere, può fare la differenza tra un esito positivo e un esito negativo. Aspettare un minuto prima di agire ti per­mette di:

  • considerare le conseguenze;
  • di pesare gli effetti dannosi (ad es. a se stessi e agli altri) e i benefici a breve ter­mine;
  • determinare se la pressione dei pari ti sta facendo fare qualcosa che altrimenti non faresti ;
  • ottenere informazioni o consigli , se ne hai bisogno.