Fondazione Agnelli: Rapporto scuola media 2021

1 Ottobre 2021 0 Di Antonio Auricchio

Il direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, ha presentato alla stampa il Rapporto scuola media 2021 ripercorrendo gli ultimi 10 anni dal primo Rapporto sugli apprendimenti dalle primarie alla secondaria di I grado
e sulla condizione del corpo docente. Il Presidente ha così sintetizzato il quadro generale “Rispetto a dieci anni fa, quando pubblicammo il nostro primo Rapporto, la situazione della scuola medianon è migliorata: gli apprendimenti restano insoddisfacenti, i divari territoriali e le disuguaglianze sociali sono ancora più evidenti, i docenti non sono meglio formati né la didattica è stata rinnovata, rimanendo molto tradizionale. Nei prossimi mesi – se la pandemia darà tregua – sarà necessario riportare la secondaria di I grado al centro dell’attenzione pubblica per farle ritrovare una missione che garantisca efficacia ed equità: consentire a tutti gli studenti di acquisire apprendimenti di qualità, fare crescere la loro capacità di studiare in autonomia, orientare a scelte più consapevoli degli studi successivi”.

Dato molto allarmante sono le disuguaglianze dovute all’origine socio-culturale e geografiche. Se al termine della primaria gli allievi nei diversi territori fanno registrare risultati simili, dopo i tre anni di scuola media il Sud resta molto attardato: 17 punti in meno per l’area che comprende (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia) e 27 punti in meno per l’area che comprende (Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia). I divari territoriali, che la primaria riesce a contenere, nella scuola media esplodono più che in passato.

Va segnalato che restano stabili rispetto alla primaria le differenze di genere, con le ragazze indietro rispetto ai ragazzi in matematica e scienza: nel corso del tempo le distanze si sono ridotte, ma soltanto per via di un più consistente peggioramento dei maschi.

Le disuguaglianze dovute all’origine socio-culturale, misurate in base al titolo di studio dei genitori – ha
spiegato Barbara Romano ricercatrice della Fondazione Agnelli – sono ben visibili già alla scuola primaria, con una differenza in media di 26 punti tra uno studente figlio di laureati e uno studente i cui genitori hanno la licenza elementare. Ma poi deflagrano alla scuola media, arrivando fino a 46 punti, che equivalgono, alla fine del ciclo, a una differenza di quasi tre anni di scuola”.

Altra criticità rilevata riguarda l’aumento del personale docente in condizione di precarietà: nell’a.s. 2020-21
erano 202.000 i docenti della secondaria di I grado (a tempo indeterminato e determinato), circa il 13% in
più del 2011 (nello stesso periodo la popolazione studentesca alle medie è scesa del 3%). Poiché il
numero di docenti di ruolo è rimasto quasi invariato (144.000 mila nel 2011, l’anno scorso poco più di
142.000), l’incremento si deve interamente alla crescita dei docenti precari: gli incarichi annuali o ‘fine al
termine delle attività didattiche’ erano circa 35.000 (19%), l’anno scorso quasi 60.000 (30%). In particolare,
nell’a.s. 2020-21 era drammatica la percentuale di precari nel sostegno (60% del totale del sostegno).

Altra nota dolente che la ricerca evidenzia riguarda la formazione dei professori. Infatti 8 docenti su 10 si sentono ben preparati nei contenuti disciplinari, mentre solo 4 su 10 si sentono adeguati nella didattica della propria materia e nella pratica d’aula. Sorprendentemente, però, soltanto l’11% pensa di avere bisogno di ulteriore formazione didattica. I ricercatori stiogmatizzano che i limiti della formazione ricevuta dagli insegnanti della scuola media per quanto riguarda la didattica e la pratica d’aula sono rivelati anche da altri dati di ricerca, che mostrano come – sebbene non
sistematicamente – spesso essi siano meno efficaci dei colleghi della primaria nelle strategie didattiche, come pure nella creazione di un clima in classe favorevole agli apprendimenti e alla crescita personale.

La soluzione secondo il rapporto è nella riforma delle procedure di reclutamento e formazione:

– percorsi di formazione iniziale per la secondaria con un forte orientamento alla didattica, a partire da una laurea magistrale per l’insegnamento;

  • criteri di abilitazione molto selettivi con prove pratiche per valutare le competenze didattiche;
  • formazione in servizio obbligatoria, che comprenda un costante aggiornamento dei metodi di insegnamento e una periodica valutazione;
  • miglioramento dello status professionale e delle motivazioni dei docenti (incentivi di carriera e retribuzioni),
    anche per attirare verso l’insegnamento i migliori laureati.

Biisognerà dare maggiore centralità alla secondaria di I grado e quindi nel considerarla una delle priorità che il nostro sistema d’istruzione dovrà affrontare con le risorse del PNRR.