Latino perché?

15 Febbraio 2022 0 Di Redazione

Pubblichiamo l’articolo degli alunni della classe 4^ del Liceo Scientifico Maria Montessori mcoordinati dalla Prof. Orlanda Ambrosino

Da decenni, ormai, lo studio del latino pone questioni aperte e irrisolte, come la querelle “lingua morta vs lingua viva”. Se per “lingua morta” s’intende una lingua priva di parlanti nativi, è vero che non esistono bambini che parlino il latino dalla nascita, così come è vero che il latino non è una “lingua della comunicazione” nel senso comunemente inteso, sebbene sopravvivano latinismi nella lingua della quotidianità ( carpe diem; in itinere; ad maiora; nomen omen; mala tempora currunt; verba volant; vade retro e tante altre espressioni) e sebbene esistano siti web che promuovono la riscoperta del latino… Quindi perché studiare il latino?

A tutti coloro che si approcciano con fiducia e senza pregiudizi allo studio della lingua e della civiltà latina, si profileranno numerose motivazioni. Innanzitutto, il latino è depositario di una memoria storica ancora viva: è il fondamento della nostra civiltà, è stato la lingua della cultura per secoli ed è la base del nostro stesso italiano. Il latino ci dice chi siamo, porta alla luce le nostre radici e contribuisce a potenziare la consapevolezza linguistica e la padronanza che abbiamo della nostra lingua. Ci spinge a ragionare continuamente, rendendo più elastica la nostra mente, così come lo studio della letteratura latina ci mostra quanto attuali e universali siano le tematiche trattate dai più grandi autori latini: dall’odi et amo di Catullo al furor della Didone virgiliana abbandonata da Enea; dal carpe diem di Orazio al “debes mutare animum, non caelum” di Seneca.

Lo studio della civiltà latina contribuisce a formare la nostra personalità critica e sviluppa la capacità di operare collegamenti logici e trasversali, che spaziano dalle discipline studiate a scuola all’attualità e alla vita quotidiana.

Concludendo, possiamo citare le parole del politico e filosofo Antonio Gramsci che, agli inizi del secolo scorso, affermava: “Il latino non si studia per imparare il latino. Si studia per imparare a studiare, ad analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere ma che continuamente si ricompone in vita”.